“Mens sana in corpore sano”: una delle frasi più conosciute eppure meno messe in pratica dagli studenti universitari italiani. Capita infatti molto spesso che i giovani abbandonino quasi del tutto l’attività fisica durante il periodo dei test di ammissione alle università a numero chiuso, così come anche nelle sessioni di esame e perfino per tutto il percorso universitario, andando ad ottenere proprio gli effetti opposti a quelli desiderati. Com’è ormai ampiamente noto, lo sport concede molti benefici al nostro benessere psicologico perché fa salire i livelli di adrenalina e di endorfine, migliorando così l’umore, riducendo lo stress e favorendo l’equilibrio emotivo, migliorando anche lo studio. Non solo però, sono sempre di più gli studi che confermano come lo sport apporti significativi benefici sulle prestazioni del cervello a cominciare dalla capacità di concentrazione, di apprendimento fino alla memoria verbale. È infatti scientificamente provato che l’esercizio aerobico – quello che cioè aumenta l’attività cardiaca attivando il metabolismo e bruciando calorie – aumenti anche le dimensioni dell’ippocampo. Questa preziosa struttura del cervello è coinvolta, in primis ma non solo, nella conservazione della memoria a lungo termine (cioè quella che riguarda tutte le conoscenze e le esperienze passate), e sembra giocare un ruolo chiave anche sulla memoria dichiarativa (cioè quella memoria accessibile alla consapevolezza che può essere richiamata alla mente verbalmente o non verbalmente). Inoltre, diversi studi confermano che l’attività fisica favorisce l’apprendimento e la concentrazione perché aumenta l’apporto di ossigeno nel sangue, agevolando la formazione di nuove cellule nervose e nuovi contatti sinaptici.
Che fare sport aiuti ad andare meglio nello studio è ulteriormente dimostrato dalla ricerca pubblicata a luglio 2022 e condotta da OPES, in collaborazione con Sport e Salute, che ha visto la partecipazione attiva del centro di ricerca ImpreSapiens e dell’Università Sapienza di Roma. Come racconta anche Sanità Informazione, lo studio ha dimostrato che “gli atleti universitari studiano in media 15/20 ore in meno la settimana dei colleghi che non praticano sport, ottenendo voti migliori o uguali e registrando vantaggi sia a livello mentale che fisico”. L’attività fisica è stata inserita anche tra gli elementi cardine nel corso gratuito disponibile online “Come arrivare preparati e in forma al test per Medicina e per le Professioni sanitarie”, realizzato da Consulcesi con tre esperti del settore: uno psicoterapeuta, una neurologa e una nutrizionista.
Uno sguardo più da vicino sull’argomento, ci viene fornito dai ricercatori dell’Università di Basilea, in Svizzera, e di Tsukuba in Giappone, che in uno studio pubblicato su Nature nel 2020 cercano di capire quali tra le innumerevoli tipologie di esercizi e relative intensità, potessero essere i migliori per mantenere il cervello in forma. Secondo quanto emerge dallo studio sia gli esercizi di resistenza che quelli di forza (come anche un mix delle due tipologie) migliorano le prestazioni cognitive. Tuttavia, i risultati più evidenti si ottengono con gli sport che richiedono schemi di movimento più complessi e l’interazione con gli altri.
Ma non necessariamente quantità equivale a maggiori benefici. Secondo la metanalisi, infatti, sessioni di allenamento più lunghe determinano sì un più elevato livello di fitness mentale, ma solo sul lungo periodo. Sugli effetti dell’attività fisica a seconda dell’intensità con cui viene praticata, dallo studio sembra emergere infine che un allenamento intenso è particolarmente utile al cervello di ragazzi e uomini adulti, con un aumento evidente dei benefici al progressivo aumento dell’intensità, almeno su un lungo periodo di tempo. Nel caso del sesso femminile, invece gli studi suggeriscono che i benefici tendono a scemare se l’intensità dell’esercizio viene aumentata troppo rapidamente.
Se è vero che tutti gli sport apportano benefici fisici e psichici, se si vuole puntare specificatamente a potenziare le abilità cognitive è utile preferire sport “complessi”, quindi i cui movimenti non siano ripetitivi e automatizzati, e che coinvolgano contemporaneamente arti inferiori e superiori. A questa categoria appartengono tutti gli sport con la palla, quindi pallavolo, basket, pallanuoto, calcio, rugby, pallamano. Ma si può puntare anche sport caratterizzati da gesti tecnici e il confronto diretto con un avversario, come judo, karate e scherma, che saranno in grado di stimolare specifiche aree cognitive.
SERGIO DEMURU
3 Aprile 2024